LA NOSTRA FILOSOFIA
Il parco agrituristico Il frutteto del Monte nasce per far mangiare ai suoi visitatori e clienti la frutta direttamente negli alberi, assecondando, in riferimento alla narrazione biblica sul peccato originale, proprio la più antica aspirazione umana, riportando alla conoscenza e al pubblico apprezzamento tutte le varietà di frutta che esistevano nelle nostre campagne fino a circa cinquanta anni fa, e per valorizzare la nostra varietà locale di oliva "Raggia di Monte San Vito", varietà proveniente da piantoni secolari che possiamo ammirare in questa cartolina d'epoca di Monte San Vito
L'oliva "Raggia di Monte San Vito" è prelibata sia da olio, che da tavola, perché anche se non di dimensioni giganti è l'unica a mantenere consistenza nel tempo sotto salamoia, e si accompagna benissimo con contorni di carne, o anche per adornare certi piatti di pesce, e va tutelata, proprio in questa terra "vocata all'olio d'oliva" dall'assalto di nuove varietà più produttive ma molto meno pregiate qualitativamente, ottenute dall'ingegneria vivaistica di questi ultimi decenni, quali la varietà "frantoio" ed "Leccino" . Il parco, attualmente dispone di una quarantina di piante secolari di Raggia di Monte San Vito, e tra le mille nuove piante messe a dimora recentemente, 750 sono certificate di varietà "Raggia di Monte San Vito".
Tornando al nostro scopo primario della tutela, conservazione e divulgazione di tutte le varietà di frutta esistite nei nostri campi e sulle nostre tavole fino a cinquanta anni fa, occorre osservare che nella attuale gamma di frutta proposta dalla distribuzione commerciale, possiamo trovarne di ottime varietà, possiamo trovare la stessa specie di frutta disponibile anche tutto l'anno, perché i trasporti aerei ci permettono anche di disporre della frutta prodotta nell'altro emisfero in cui le stagioni sono invertite, però logiche produttive, commerciali, di trasformazione e conservazione industriali hanno operato una drastica riduzione sulla gamma varietale della frutta disponibile, escludendo anche talune varietà e addirittura talune specie di frutta, che senza questo intervento di valorizzazione e recupero andrebbero perse.
Per capire il senso di quanto affermiamo occorre
riportarci alla realtà agricola locale di una cinquantina di anni fa, quando
l'agricoltura veniva praticata con poche e semplici macchine agricole quasi
sempre a trazione animale; non occorrevano grandi spazi per il loro
funzionamento e nei campi oltre alle due principali colture praticate allora, grano e
foraggio, esistevano una grande quantità di alberi; che nel caso
delle vecchie olive secolari erano posizionate anche in modo molto
disordinato (come
si vede dalla foto d'epoca); Tra i grandi alberi vanno inoltre elencate le
querce, oggi protette, gli olmi, i gelsi "mori", che con le loro foglie si alimentava il
bestiame; c'erano
anche allora tante viti soprattutto di Verdicchio, Lacrima ed una volta anche di
Biancame dorato, con la
differenza che oltre a formare vigne, formavano i "filoni", filari
singoli, paralleli ad altri distanti 15/20 metri per tutta l'estensione del
campo, ed in mezzo si coltivava alternativamente il grano e il foraggio. I
filoni non avevano pali di sostegno, bensì
degli alberi; ne esisteva una varietà proprio ad hoc, gli "oppi",
(acero campestre) che
avevano la loro impalcatura o croce ad un'altezza di due metri, nella quale il fusto si
divideva in sei parti, detti talloni, nei quali venivano legate le viti,
(portavano due viti ciascuno) che formavano "le pendole", e in ciascun
oppio con le sue pendole, per lo sviluppo che le due viti avevano, si riusciva a
a produrre circa un quintale di uva, cioè 50 kg. a vite;
L'oppio, albero caratteristico delle nostre colline fino a qualche decennio fa è definitivamente scomparso e
al momento ci è impossibile persino proporne una fotografia.
Oltre a questi, le nostre colline marchigiane erano
pieni di tanti alberi da frutta; non esistevano dei frutteti specializzati, ma
esistevano tutti i tipi di alberi da frutta
nel massimo assortimento, dislocati proprio lungo i filoni di viti, perché
praticamente non occupavano posto, e fungevano da sostegno al filone, e soprattutto allora, che non c'erano gli attuali mezzi di trasporto e i
frigoriferi, arricchivano giornalmente le tavole degli agricoltori; Per talune
famiglie mezzadre, numerose, con molti figli piccoli, la possibilità di avere
quotidianamente della frutta fresca genuina (che non andava divisa con il
proprietario del terreno "il
padrone") per buona parte dell'anno era una risorsa di sopravvivenza.
A quei tempi l'agricoltura era solo biologica, i
fertilizzanti chimici sono arrivati non più di una trentina di anni fa, a
sostituire i fertilizzanti organici prodotti dai bovini nelle stalle, e l'agricoltura trasgenica
detta O. G. M. (organismi geneticamente modificati)
è una realtà di questi ultimi anni (meno di un decennio).
Ci sentiamo in dovere di spiegare
sinteticamente il significato e funzionamento dell'agricoltura trasgenica o
"O. G. M":;
Quando con l'avvento dei diserbanti e pesticidi si è visto che questi
danneggiavano anche le piante che dovevano proteggere si è intervenuti sulle
piante geneticamente in maniera da renderle resistenti ai veleni, pesticidi,
diserbanti, ecc così che le infestanti, insetti ecc. subivano il trattamento
senza che le piante avessero danni, anzi segnando sempre nuovi record produttivi.
I sostenitori di queste tecniche, oltre alle ovvie ragioni
economiche e pratiche, ne sostengono una assoluta indispensabilità per
garantire la sufficienza alimentare ancora per qualche decennio all'umanità in
continuo aumento, a fronte delle superfici coltivate in continua diminuzione.
I contrari a queste tecniche dicono sostanzialmente che anche se gli organismi geneticamente
modificati resistono ai veleni, comunque li assorbono interamente e li
trattengono fino a quando finiranno sulle tavole per essere consumati
Noi non sappiamo valutare l'allarme paventato dai sostenitori
delle tecniche di agricoltura trasgenica, mentre ci sembrano ovvie e incontestabili
le considerazioni dei loro avversari.
Noi, per quanto può rappresentare la
superficie e la produzione del parco rispetto agli abitanti del pianeta, ci
sentiamo in dovere di garantire la nostra clientela sulla massima qualità e
genuinità dei nostri prodotti, per questo abbiamo scelto per il parco
una conduzione di agricoltura
biologica naturale ed una sua certificazione tra le più rigorose (secondo
il disciplinare A.M.A.B., che fra l'altro prevede
l'assoggettamento dell'intera azienda) affidata all'organismo di certificazione
I. M. C..
La numerosa frutta presente nelle nostre
campagne in tutta la sua ampia gamma varietale, fino a cinquanta anni fa era
dovuta a nascita spontanea degli arbusti che venivano trapiantati lungo i filoni
di viti e successivamente innestati con polze di
alberi da frutta che quando non erano aziendali erano di agricoltori vicini e ogni
agricoltore teneva ad avere nel suo campo tutta la frutta che il clima del luogo
gli
permetteva.
Il calendario della disponibilità della frutta nelle nostre
campagne e anche presso la distribuzione commerciale di allora (non esistevano
ancora né i frigoriferi, né le serre, né tanto meno l'importazione dall'emisfero opposto
del mondo) era il seguente:
Si cominciava alla fine di marzo o ai primi di aprile con i
mandolini verdi; i mandolini sono una varietà di mandorle molto grosse che sono
particolarmente buone da mangiare allo stato verde in quel periodo, mentre allo
stato maturo, ad ottobre novembre sono buoni per fare i dolci; A questo scopo
vanno bene anche le mandorle, ma siccome piaceva mangiarli verdi, molto spesso
ancora piccoli, la ricerca della varietà, quindi delle polze da innestare era
sempre puntata sui mandolini; poi in aprile c'erano le brugnole agre dette anche
rustichelle; queste sono una varietà di frutto che come il mandolino sono buone
da mangiare nei due diversi stadi di maturazione, da verde e da maturo. Le
brugnole allo stato verde sono agre, tuttavia sembrano delle caramelle; gli
alberi di questa varietà ne fanno tante e sono particolarmente invitanti; i
mandolini verdi, e le brugnole rustichelle verdi non esistono nell'attuale distribuzione commerciale ed il
nostro progetto iniziale, e l'associazione "Agriclub frutteto del
monte" che ne deriva portando alla pubblica disponibilità i loro antichi ed oggi sconosciuti sapori
compie una delle proprie finalità di recupero e divulgazione.
A maggio arrivano le prime ciliegie, le
"maggiarole", di polpa non molto consistente, non molto grosse, ma gli
alberi ne fanno tante, le fanno quasi a grappoli e sono buone, perché sono le
prime, perché essendo piccole si possono mangiare a mazzetti interi, sputando
poi gli ossi cumulativamente.
Le brugnole rustichelle raggiungono le dimensioni di
maturazione, anche se a maturazione vera e propria ci giungono a fine maggio, o
i primi di giugno, comunque a chi piace quelle sono sempre buone da mangiare;
non mature per il loro amarognolo buono da gustare come una caramella, mature
passando per tutti i gradi intermedi, perché man mano che si maturano perdono
l'amarognolo e diventano dolci e profumate.
A giugno nelle nostre campagne iniziava il boom della frutta;
arrivavano a maturazione vari tipi di ciliegie, non tutte pregiate per la
verità, anche perché non si era ancora sviluppata la selezione genetica di
oggi, comunque la famiglia Brandoni, da sempre si è tramandata una varietà di
ciliegia durone detta crognola veramente speciale di cui ne ha innestate una
cinquantina in porta innesti appropriati, oltre ad averne piantate altrettante
in tutte le varietà certificabili e certificate con passaporto europeo; a
giugno inoltre si maturano le pesche, delle quali nelle nostre campagne se ne
trovavano in tutte le dimensioni, forme, colori; ce ne erano pelosi, non pelosi,
più o meno succosi, che liberavano e non l'osso, quelle a noce, a limone, ad
albicocco ecc.
Oggi sicuramente nella distribuzione commerciale la gamma è
sicuramente più ristretta e selezionata e sicuramente qualche varietà più
rustica (ad esempio le pelose o le nostre settembrine) è scomparsa; siamo certi di fare qualche recupero varietale anche sulle
pesche, perché da sempre la famiglia Brandoni ne è stata fornita e ne dispone
di varietà antiche di provata eccellenza, tuttavia anche per queste il parco ne
disporrà di una nutrita rappresentanza di tutte le varietà certificabili e
certificate con passaporto europeo provenienti da vivaio qualificato.
Le albicocche; ne esistevano di diverse varietà ed il parco
ne disporrà di una trentina di piante fornite da vivaio di tutte le varietà
certificabili e certificate con passaporto europeo.
Le susine; ne esistevano e ne esistono in varie forme,
colori, dimensioni, e gusti. Il parco ne dispone su vecchi alberi tramandati per
innesti locali di una varietà che chiamiamo profumata per il suo retrogusto che
entra nel naso, e di una più comune chiamata "cosce delle monache",
ma ne disponiamo anche di una cinquantina di alberi presi da vivaio in tutte le varietà certificabili e
certificate con passaporto europeo.
A luglio il boom della frutta prosegue con delle ciliegie
tardive e con le "visciole" in Italiano "amarene", ciliegie
selvatiche, piccole dal sapore intensamente amarognolo che può essere gustoso
per qualcuno tenere in bocca a modo di caramella. Le amarene sono piante molto produttive, ed anche
una volta le donne contadine le usavano per farci le marmellate da consumarsi in
inverno. E' difficile da trovare le amarene fresche nella distribuzione
commerciale, in quanto il loro gusto non è certamente di massa, mentre se ne
trovano in abbondanza confezionate in marmellate prodotte dall'industria di
trasformazione. Il parco ne ha piantati 10 alberi per dare la possibilità ai
visitatori e clienti di gustarle fresche o anche confezionate in modo casalingo
da loro stessi o dalll'agriclub.
Le pere è un frutto che inizia ad essere presente in
talune varietà a luglio. Di pere, la distribuzione commerciale ne dispone di un
grande assortimento di varietà, anche nuove, ottimizzate per la
commercializzazione e lavorazione industriale. Il parco ha alcuni alberi di una
decina di anni che portano delle varietà tramandate in azienda, fra cui quelle
"d'inverno", che andavano conservate nei melari (di cui parleremo più
avanti per le mele), ed una ventina di nuovi alberi di varietà certificata, tra
le quali quelle classiche, le Wiliam, le Abate, ecc., da far gustare alla
clientela con il formaggio prodotto dalle aziende biologiche marchigiane.
A luglio cominciano ad arrivare i primi fichi; nelle nostre
campagne se ne trovavano in grande quantità e in diverse varietà, c'erano
quelli bianchi, quelli neri, i verdacchi, ecc. I fichi si prestano ad essere
confezionati in "lonze di fico". La distribuzione commerciale ci
propone alcune varietà di fichi freschi, ma non confezionati nelle lonze di
fico, forse perché tale confettura era solo tipica della bassa valle Esina. A
luglio i peschi continuano il loro boom produttivo con varietà di quel periodo.
Ad agosto continua il boom delle pesche, delle pere, dei
susini, dei fichi, arrivano le prime mele. La distribuzione commerciale,
proponendoci tutto l'anno, anche conservate nei frigoriferi le nostre pregiate
mele del Trentino Alto Adige, ci offre le migliori al mondo; Non per questo non
meritano il giusto apprezzamento le mele che si trovavano cinquant'anni fa nelle
nostre campagne, con tutta la tradizione popolare legata a questo classico
frutto.
Le nostre campagne erano piene di alberi di meli, che sono
anche molto produttivi; Quelli di grosse dimensioni ne producevano a quintali, e
quelle non consumate fresche, perché ce n'erano tante, venivano conservate nei
"melari" e le eccedenze andavano anche date ai maiali. Il melaro è
una piattaforma di 2 metri x 2 metri o 3 metri x 3 metri realizzata come
intelaiatura da assi di legno e come fondo da canne dei canneti dei fossi,
legate vicine una all'altra, oppure per il fondo si usava anche della rete
metallica zincata a maglie giuste per trattenere le mele; L'intera piattaforma veniva posizionata in
orizzontale in dei gelsi vicini alla casa colonica e sulla piattaforma ci
venivano posate le mele (o le pere d'inverno) in strato sottile, che si
conservavano alle intemperie per tutto l'inverno. Un aneddoto classico di quei
tempi è che quando un bambino di casa non si trovava, uno dei posti in cui lo
si cercava per primo era proprio il melaro, in cui i bambini di allora salivano attratti anche dalla
fame.
Un'antica varietà scomparsa di mele di cui era piena la
nostra campagna era la "melella", che era una piccola mela molto
fresca e dolce, con le quali i contadini di una volta si rinfrescavano la bocca,
accaldati per il clima e la fatica del periodo. Quella varietà è scomparsa e
il parco e l'omonimo agriclub sono riusciti a recuperarla e riproporla alla clientela, con altre
varietà rustiche, ma molto saporite di quei tempi
Ad agosto maturano anche le more; Nelle nostre campagne di
rovi selvatici lungo i fossi abbandonati se ne trovano in grande quantità, forse
anche più di un tempo quando i fossi ed il territorio veniva più curato; ai
contadini di allora, come a quelli di oggi piacevano mangiare le more, e per
andarne a prenderne qualcuna occorreva pungersi, perché il rovo che produce la
mora selvatica è un arbusto spinoso molto tenace; I contadini di cinquant'anni
fa potevano comunque tranquillamente mangiare le more di rovo, oggi è molto
sconsigliabile, perché ad eccezione degli ancora pochi casi di agricoltura
biologica, ci arrivano facilmente le barre degli atomizzatori ad irrorarli con i
pesticidi con cui si trattano le culture.
Il parco e l'omonimo agriclub non potava ricreare quella situazione da
riproporre ai soci, futuri soci, ed affiliati per far rivivere l'emozione di
gustare le more selvatiche al prezzo di pungersi tutti, sarebbe stato un lavoro
in discesa, sarebbe bastato lasciare incolto e all'incuria qualche mese i bordi
del Fosso Malviano con cui confina per 600 metri, ma non sarebbe stato un buon
servizio per nessuno. Abbiamo voluto strafare; abbiamo bonificato e pulito il bordo
del fosso Malviano nella parte confinante con il parco e ad
una distanza di circa 3 metri abbiamo eretto una recinzione metallica sulla quale si
arrampicano more senza spine, lamponi, uva spina, ribes, in tutte le varietà certificabili e
certificate con passaporto europeo, così da proporre una prelibata e fresca
passeggiata ai visitatori.
A settembre si matura l'uva; principalmente nelle vigne, e
nei filoni di cinquant'anni fa, come oggi si coltivavano viti da vino, le stesse
di oggi, locali della zona, Verdicchio, Lacrima, Sangiovese, Monte Pulciano,
Malvasia bianca e rossa, ecc., però ben imboscate in qualche parte più
nascosta e impensata dei filoni i contadini tenevano le loro viti segreti,
quelle che facevano l'uva buona da mangiare, che normalmente si mangiava tutta
prima della vendemmia; erano viti di moscatello, ne esistevano di bianco e di
rosso, con un gusto ed un sapore assai più intenso dell'uva da tavola che si
trova nella distribuzione commerciale per tutto l'arco dell'anno, la cui
principale caratteristica ha quella di avere i chicchi molto grandi; Il
moscatello invece ha i chicchi grandi come l'uva da vino ha solo il sapore
caratteristico, che se vinificato anche in piccole quantità può caratterizzare
del suo sapore grandi quantità di vino. Il parco per quanto riguarda l'uva
buona da mangiare conserva dei vecchi filari di vigna di moscatello bianco,
provenienti da polze aziendali e della zona, inoltre ha piantato alcune viti di
uva fragolina, presente nella zona cinquant'anni fa ma ora pressoché scomparsa,
quindi un altro recupero. L'uva fragolina ha dei chicchi molto piccoli, è buona
da mangiare e se vinificata, è un uva solo da taglio e conferisce al vino il
sapore di fragola che ad alcuni può piacere. Il parco inoltre ha delle viti di
Verdicchio e Malvasia bianca che vinifica.
A settembre, prosegue la stagione delle mele, pere, pesche e
in particolare quelle settembrine, pelose e dolcissime, che non
esistono nella distribuzione commerciale, ma che il parco ha in delle vecchie
piante tramandate in azienda.
A ottobre si fa il vino, prosegue la stagione delle mele e
delle pere con le varietà più tardive, le mele e le pere cotogne; il parco ne
dispone di entrambe, ma presso le antiche famiglie agricole in questo periodo
maturavano le giuggiole; nota è anche la letteratura relativa al "brodo di
giuggiole", di cui ci pregiamo offrire un'antica
ricetta; Nella distribuzione commerciale le giuggiole sono introvabili;
Il parco ne dispone di un albero di una trentina d'anni di varietà locale
tramandato in azienda, e di altri di varietà "giuggiole mele, giuggiole
pere, acquistate da vivaio certificate con passaporto europeo.
A ottobre inoltre giunge a maturazione alcuni tipi di
varietà di olive da tavola, tra le quali la "Ascolana" e la "San
Francesco" (che cade il 4 di ottobre); Il parco dispone di tutte le
varietà di olive da tavola in alberi nuovi, ad eccezione della "Raggia di
Monte San Vito" che però matura a novembre.
A novembre, resta solo la raccolta delle olive con la loro
molitura e le tradizioni a queste legate, come il pane con l'olio nuovo, le
bruschette, le insalate per assaggiare il nuovo olio, la rituale
"cura" delle olive in salamoia, che consisteva nello scuotimento
quotidiano dell'oliva raggia nera nei vasi di salamoia da ripetersi per quaranta
giorni. Per quanto riguarda invece tutta l'altra frutta, la produzione di quella
locale finisce, Sulle tavole delle antiche famiglie contadine in questo periodo
ci finivano le scorte dei "melari", destinate a durare anche per i
mesi successivi, però c'erano degli anni in cui le mele e le pere non si
mantenevano, si ammaccavano e si infradiciavano, allora per non mandarle
totalmente in rovina in questo mese si mangiava la parte buona.
Dagli inizi degli anni 50 con la comparsa dei primi trattori, e il conseguente superamento delle macchine a trazione animale, che ben si prestavano agli slalom tra i fitti alberi di un tempo (riportiamo le foto dell'antico aratro aziendale in ferro degli anni 20 a trazione animale in mostra nel parco, e del primo trattore posseduto dall'azienda, il Fiat 25c, al centro della foto che vi proponiamo vicino al fratello più grande, il Fiat 55c, trattore leader negli anni 50, tipico dei contoterzisti di allora)) cominciarono a scomparire i primi filoni dai campi, con tutti gli alberi da frutta che vi si trovavano, e tanti piantoni di olive secolari, a cominciare da quelle fuori fila, negli anni 60 poi arrivarono le mieti trebbiatrici, che oltre ad essere grandi sono anche alte, e non si possono accostare sotto i piantoni secolari di olive, quindi in pochi anni scomparvero anche quelli che si trovavano ben allineati, negli anni successivi fino ad arrivare ai giorni nostri anche i trattori si sono fatti ancora più grandi e produttivi, così anche gli attrezzi da essi portati, e la campagna oggi è come la vediamo; sono spariti gli alberi, con tutti i sapori dei loro frutti. I sapori attuali, si sono ristretti a una gamma ben definita e catalogata di frutta, ottimizzata secondo i criteri della produzione intensiva, eventuale successiva lavorazione industriale, o comunque conservazione e distribuzione.
Nel comune di Monte San Vito, particolarmente sensibile a questi valori, annualmente, viene organizzata a fine luglio la festa della trebbiatura, con rievocazione storica della trebbiatura anni 50 e mostra delle macchine agricole dell'epoca, di cui a Monte San Vito esistono molti appassionati. Per omaggiare il comune che ci ospita abbiamo creato un'apposita pagina riferita alla festa del 28 luglio 2002.
Occorreva che qualcuno recuperasse in qualche
modo questo patrimonio, che proprio oggi in tempi di inquinamento,
intossicazioni alimentari di vario genere, come non mai ne sentiamo l'importanza; ci hanno pensato il parco agrituristico
IL FRUTTETO DEL MONTE, e da recente, l'omonima associazione "AGRICLUB
FRUTTETO DEL MONTE" associazione di volontariato per la tutela ambientale,
costituita in base alla Legge 266/91 e L. r. 48/95, iscritta nel Registro - reg.
Volontariato sez. ambientale con decreto del Dirigente del P. F ciclo dei
rifiuti . aerca - sostenibilità ambientale N° 105 / CRA del 19/06/06 che attorno a questa sua operazione di recupero e
valorizzazione hanno basato tutta la loro attività, che va dalla produzione
agricola biologica da consumare all'interno della sede associativa e nella rete
delle associazioni affiliate di volontariato e di tutela ambientale, ad un'offerta turistica
diversa da quella agrituristica tout court, più aperta e più partecipata
dall'utente.
Abbiamo previsto una ricettività interna ed esterna, e per
ora siamo in avanzato stato di realizzazione solamente di quella all'aperto, fino ad un offerta formativo
culturale quanto mai indispensabile in materia. Sfidiamo ad immaginare quanti al
di la dei fiori di pesco legati alla mitica canzone di Lucio Battisti
"fiori rosa fiori di pesco", conoscano gli altri fiori degli alberi da
frutta altrettanto bellissimi e colorati, quanti hanno presente ad esempio
semplicemente il fiore di pera, o più
raramente quello del melograno.
E' quanto mai opportuno che delle scolaresche fin dalle
classi elementari, prendano contatto con la natura venendo ad assistere alla
fioritura del parco in primavera, o gli studenti delle scuole superiori
specializzate in agraria, le stesse facoltà di agraria approfittino
dell'occasione unica di avere un assortimento così ampio di varietà di frutta
per sperimentare nuove tecnologia per la potatura, o incroci varietali, ma
niente di incompatibile con la conduzione biologica naturale a cui lo stesso
parco si è votato.
Ci preme inoltre puntualizzare che l'aspetto fondante di
tutta la nostra attività ricreativa culturale non è limitato alla
riproposizione e realizzazione di quel ricco calendario di
maturazione della frutta locale in vigore nelle nostre zone fino a cinquant'anni
fa, ma per offrire ancora più assortimento siamo aperti alle
sperimentazioni di altre varietà possibili da coltivare in loco, assolutamente
con tecnologia biologica; possiamo aggiungere che ci stanno crescendo bene, anche frutti esotici, quali
fichi d'india, oppure noccioli, ed altri di cui attendiamo di vedere i
risultati.
Quanto alla sperimentazione, sarà particolarmente intensa nella produzione del olio extravergine di oliva biologico. Attualmente la produzione dell'olio delle oliva del parco avviene per la quasi totalità dalle suoi vecchi piantoni secolari. Le olive del parco vengono lavorate tassativamente ogni 48 ore da frantoio convenzionato, ai massimi livelli tecnologici, e di igiene ambientale, e conservato in fusti in acciaio inox AISI 304 ad una temperatura costante di 15 gradi per un periodo massimo fino all'anno successivo. Nei prossimi anni entrerà in produzione il nuovo impianto di 1000 olive tutte certificate, di cui il 70% è Raggia di Monte San Vito", il 20% è "Frantoio" e il 10% è "Leccino". Attualmente, non solo a Monte San Vito, ma su tutta la produzione dell'olio d'oliva Italiano in generale, (non parliamo di quello d'importazione), per la quasi totalità, ad eccezione di oli tipici locali, non vi è una distinzione delle olive che compongono l'olio. Mentre nei vini, nelle loro confezioni troviamo scritto il nome del vitigno dell'uva di cui è fatto, difficilmente su quelle dell'olio d'oliva troviamo scritta la varietà di oliva. Il parco avendo tutte le sue piante di oliva dotate di certificazione Europea, potrà produrre olio "Raggia di Monte San Vito", olio "Frantoio", olio "Leccino", e l'olio pregiatissimo "dei piantoni secolari", (che è quello prodotto attualmente) e sperimentare tra loro tagli alla ricerca di accostamenti ideali per gusto ed aroma ai nostri piatti tipici locali.
Cliccando l'ipertesto del sommario "oggi nel parco sono maturi" si troveranno riportate l'arrivo a maturazione di certe varietà di frutta il cui esatto nome varietale non viene riportato con precisione, ma ci si limita ad una puntuale descrizione delle caratteristiche; sono tutte quelle varietà di frutta provenienti dagli antichi filoni aziendali, successivamente innestate e reinnestate negli "streppi", (i porta innesti è novità vivaistica recente). Quelle piante ci fanno sentire gli antichi sapori, obbiettivo primario della creazione del parco; tra queste possiamo proporre due o tre tipi di ciliegi, un assortimento di peschi che si maturano man mano da luglio a settembre, le perelle, un paio di tipi di susine, le brugnole rustichelle, le giuggiole, le viti di moscatello, l'oliva raggia di Monte San Vito, come oliva da tavola. Completa questo antico assortimento aziendale gli altri 400 alberi da frutta acquistati da vivaio che dovrebbe arricchire l'antico calendario di maturazione della frutta, e nella pagina del sito "oggi nel parco sono maturi" saranno elencate con il proprio nome riportato dal certificato di passaporto europeo.
A conclusione di queste enunciazioni, ben legittimati dalla permanenza ultra secolare della nostra famiglia sul fondo e sul territorio monsanvitese, ad esclusivo uso e consumo dei visitatori del nostro sito internet pubblichiamo in una raccolta che implementeremo man mano secondo il nostro tempo disponibile
L'antico ricettario rurale tipico di Monte San Vito
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