L'aia nell'antica civiltà contadina
(fino a non più di cinquanta anni fa)

    Come in una chiesa Cristiana l'altare è il suo centro, il punto più importante dell'edificio, centro dell'attività che vi si svolge, simbolo del sacrificio, cosi per un'azienda agricola, fino a cinquant'anni fa l'aia (l'ara nel dialetto locale) era il centro dell'azienda, il suo luogo più importante, dove si concludeva il lavoro di un anno. L'aia era una superficie piana a forma quadrata o rettangolare, perfettamente a livello, pavimentata con dei mattoni (antichi) pieni di fornace, accostati tra loro nel terreno molto spesso senza muratura. Il cemento nella versione oggi conosciuta risale a non più di un secolo fa, mentre le aie dei contadini esistono da sempre.

    L'aia del parco di cui di seguito proponiamo alcune foto è un quadrato di 8 metri di lato; non è molto grande, adatta per le esigenze di un'azienda di 3 ettari di superficie; (quella era la superficie aziendale quando l'aia veniva utilizzata)

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    lo stato di conservazione non è dei migliori, comunque l'abbiamo voluta tenere e la vogliamo tramandare ai posteri, anche perché di aie come la nostra, non murate, del tipo più antico, sono rarissime. Nell'aia si ammassavano i covi di grano, che formavano il "barcone", si ammassavano le pannocchie di granoturco, o la fava o favetta da sgranare per l'allevamento dei bovini aziendali. Per quanto riguarda il grano a memoria di generazioni viventi la battitura avveniva con le trebbie fisse (da cui il termine trebbiatura) fatte girare fino agli anni 30 con macchine a vapore, poi fino agli anni 50 con trattori di tipo a testa calda (i bombardoni), e successivamente con trattori diesel fino agli anni 60/70 nei quali è comparsa la mietitrebbia. La trebbiatura era una festa e sono molti i comuni marchigiani, tra cui anche Monte San Vito, che della trebbiatura con trebbia fissa ogni anno nei mesi di luglio e agosto ne fanno una rievocazione storica; per quell'operazione occorrevano una ventina di persone; c'erano quelli sul barcone a buttare i covi di grano nella trebbia, c'arano quelli nel pagliaio della paglia, altri in quello della pula, e gli uomini più forzuti stavano ai sacchi, che si facevano da un quintale, che una volta aggiustati di peso venivano portati a spalla nel magazzino, che quasi sempre stava al secondo piano delle case coloniche, perché più asciutti. Per reperire tutto questo personale i vari contadini di una via, o di una contrada si scambiavano la prestazione, e la battitura era sempre una festa che si concludeva con un abbondante pranzo, e come carne veniva cucinata l'oca. L'aia ovviamente era importante perché doveva permettere di recuperare tutto il grano che cadeva dalla movimentazione dei covi, e doveva essere ben tenuta, perché doveva essere spazzata con la scopa.
Può sembrare semplice, ma non lo era, mantenere pulita una pavimentazione fatta direttamente nel terreno, quando tutt'intorno c'era il terreno erboso, falciato né con il tosaerba, né tanto meno con il decespugliatore, ma solo con la falce da fieno e con la zappa nelle fughe terrose dell'aia, o attorno alla stessa.

    qui proponiamo una foto di una rievocazione storica della trebbiatura negli anni 40/50, in cui si vede bene il trattore a testa calda, collegato alla trebbia tramite il cintone, e a lato della trebbia al posto del carro di grano (perché quella della foto è una ricostruzione celebrativa dei giorni nostri) c'era l'aia, sopra la quale si faceva il "barcone", ossia il mucchio di covi di grano da trebbiare

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    Nel comune di Monte San Vito, particolarmente sensibile a questi valori, annualmente, viene organizzata a fine luglio la festa della trebbiatura, con rievocazione storica della trebbiatura anni 50 e mostra delle macchine agricole dell'epoca, di cui a Monte San Vito esistono molti appassionati. Per omaggiare il comune che ci ospita abbiamo creato un'apposita pagina riferita alla festa del 28 luglio 2002.

    Altra festa sull'aia era la raccolta del granoturco, le cui pannocchie, prima di passare in un'apposita trebbia dovevano essere "scanafogliate" o "scartucciate", cioè private dell'involucro che le avvolge. Era tradizione che in quell'occasione si ballasse sull'aia. Una volta terminata l'operazione, che si faceva solitamente dopo cena le pannocchie pulite venivano accostate in un angolo, nella parte restante dell'aia si aprivano le danze tra i giovani della via o della contrada al suono di organetti e fisarmoniche.

    Altro uso importante dell'aia era quello di essiccatoio naturale delle granaglie, per i loro mantenimento; una volta non esistevano gli attuali essiccatoio per regolare il valore di umidità, nel caso sia eccessiva, ed allora si diceva che il grano, doveva essere passato nell'aia, cioè sparso sopra per alcuni giorni di sole, girato con la pala, alla sera raccolto in un mucchio stretto e coperto con un telone, fino a che movendolo con la pala, o con le mani non faceva il tipico rumore di seme secco. Da questo si può capire quanto sia stata importante l'aia e la sua buona manutenzione.

LA NUOVA AIA DEL TERZO MILLENNIO

    Non siamo riusciti a mantenere la nostra aia storica raffigurata nelle foto di inizio pagina, ma quale museo ambientale della mezzadria abbiamo ricostruito con i mattoni storici una nuova aia, e reinventato una nuova funzione, dato che quella originale oramai resterà confinata al ventesimo secolo.

    Abbiamo pensato che la funzione ideale, attribuibile ad un AIA inserita in un contesto evocativo dell'antica civiltà contadina e contemporaneamente attrazione di turismo all'aria aperta, sia quella di contenere delle piscine..

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    Qui mostriamo le piscine con la pavimentazione circostante realizzata con tutti mattoni vecchi fatti a mano, tutti spezzati. come venivano usati per la realizzazione delle aie; L'abbiamo chiamata in una apposita targa "AIA DEL TERZO MILLENNIO". E' una autentica e unica opera d'arte risorsa storico ambientale del territorio.

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