Antica ricetta di vinificazione delle uve
consolidata nel comune di Monte San Vito
Va precisato che nella campagna monsanvitese esistono anche altre tecniche di vinificazioni, ugualmente naturali ed a norma di legge, tecniche che sono giunte a Monte San Vito tramite coloni mezzadri provenienti da altri comuni, però possiamo affermare per essere presenti su questo nostro fondo da generazioni, che questa è la ricetta consolidata sul posto.
La vinificazione dell'uva inizia dalla
vendemmia, che avviene allo stesso modo sia per le uve bianche che per le rosse
ed indifferentemente dalle loro varietà; consiste nel tagliare i grappoli dalle
viti e riporli in delle casse; oggi esistono delle casse in plastica
sovrapponibili, molto maneggevoli che non disperdono il mosto prodotto
dall'ammaccatura dell'uva durante la vendemmia e il trasporto; fino a 30 anni
fa, non esisteva ancora la plastica, le casse per l'uva erano in legno, molto
pesanti e meno maneggevoli.
A sera si fa la pigiatura dell'uva vendemmiata durante la
giornata, che avviene con la pigiadiraspatrice. (il tempo in cui l'uva
vaniva pigiata con i piedi è anteriore alla memoria delle generazioni viventi).
Come si evince dal termine pigiadiraspatrice, la macchina separa i chicchi d'uva
dall'anima del suo grappolo, detto raspo e li pigia, cioè li frange producendo
una poltiglia composta dall'interno del chicco e dalla sua buccia; questa
poltiglia si chiama mosto. Il mosto esce da sotto la pigiadiraspatrice finendo
in un tino in legno. Le pigiadiraspatrici più moderne hanno una piccola vasca
incorporata alla cui base c'è predisposta una pompa elicoidale che spinge il mosto direttamente
nelle botti. I raspi invece escono davanti alla pigiadiraspatrice, finiscono in
un mastellone oggi in plastica e successivamente vengono torchiati per estrarre
il mosto residuo.
Il mosto, o nelle botti, (che ancora sono per la maggior parte
in legno, però stanno prendendo campo quelle in acciaio inossidabile), o nei
tini (grandi mastelloni in legno di capacità da 5 quintali fino a oltre 20),
inizia a fermentare; praticamente inizia a bollire e le bucce in questa
poltiglia vengono a galla,
separandosi dalla parte liquida; In tre giorni questa prima
fermentazione si esaurisce, le bucce d'uva che da ora si chiamano vinaccia, si
sono separate completamente dalla parte liquida del mosto, che da ora inizia a
chiamarsi vino, rimanendo a galla. A questo punto si "svina", cioè
l'operazione di messa al pulito del vino; La vinaccia viene torchiata, per
estrarre il vino ancora al suo interno, e tutto il vino viene messo in delle
botti pulite. Gia a questo punto il vino, pur se torbido, inizia ad avere il suo
classico profumo tanto che per fare queste operazioni, se la cantina non è
areata, ci si ubriaca solo per l'odore intenso emanato dal vino in
fermentazione. Il sapore è quello di uno sciroppo frizzante. In questa fase le
botti non vengono riempite completamente, il vino viene fatto continuare a
fermentare aggiungendo per quaranta giorni, (fino a metà novembre) qualche
grappolo d'uva fresco pigiato, quasi tutti i giorni. ("dare le grane al
vino"). Dopo questa fase il vino è vino; un vino novello, e va di nuovo
ricambiato di botte, di nuovo rimesso al pulito, senza i suoi fondi, costituiti
dalle bucce delle grane, e dai vinaccioli dell'uva. Questo materiale si chiama
"feccia" e va buttato. Il vino in fondo alla botte si chiama
"feccette" è di pessima qualità come vino, però produce dell'ottimo
aceto.
Con questa ricetta, a metà novembre (a San Martino) il vino rosso è ottimo da bere, solitamente già chiaro, mentre il vino bianco è ancora torbido; dovrà stare fermo tutto l'inverno per decantarsi naturalmente, (i sistemi artificiali anche ammessi dalla legge esistono); a gennaio con il freddo il vino ha fatto altri depositi al suo fondo, gli vanno tolti, altre feccette che vanno ad implementare il contenuto del barile dell'aceto; a marzo il vino bianco sano deve essere limpido, e ottimo da bere; a marzo occorre un ultimo travaso, perché pur se limpido, il vino ha accumulato durante i precedenti due mesi altri depositi che con i primi tepori primaverili potrebbero dar luogo ad una nuova bollitura e quindi intorbidamento del vino. A marzo, quindi il vino bianco si ritravasa o di nuovo nelle botti, o in damigiane per essere consumato o venduto.
Questa è la ricetta base, per la produzione di un vino altamente genuino; richiede molta fatica e tempi di attesa per ottenere il vino pronto da bere un po' lunghi; per la verità la chimica, anche quella permessa, da una mano per questi inconvenienti, esistono infatti chiarificanti, antifermentativi, ecc. ecc., che rendono il vino di campagna, inalterabile come quello industriale, lasciando inalterati i tipici aromi del vino di campagna. Noi per la nostra filosofia seguita da sempre, molto prima che si sentisse il bisogno dell'agricoltura biologica, ci siamo sempre affidati alla natura, attendendo i suoi tempi, lavorando in cantina con molta igiene, mantenendo con cura i recipienti in legno, ricchi di aromi di buon vino, alcuni da secoli, riusciamo a produrre dell'ottimo vino bianco da tavola, fatto di uve Biancame dorato, Malvasia bianca, e Verdicchio, con cui ci pregiamo ricevere i nostri ospiti.
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